inserito 21/03/2008

Hayseed Dixie
No Covers
[
Cooking Vinyl
2008]



Se dico che da qualche anno a questa parte avevo un po' perso di vista gli Hayseed Dixie, indemoniato combo tra rock e bluegrass proveniente dalla fittizia contea di Deer Lick Holler, Appalachia (più o meno la loro Yoknapatawpha faulkneriana), spero la bontà del lettore vorrà ascrivere la cosa alla categoria delle distrazioni senza dolo. Negli ultimi tempi, difatti, mi era sembrato che la proposta del gruppo, imperniata su di un "rockgrass" nato per autodefinizione e in pratica coniugante il bluegrass e l'hard-rock degli anni '70, avesse perso per strada gran parte della furia, dei modi sboccati e della carica eversiva dimostrata in album esplosivi come A Hillbilly Tribute To Ac/Dc (2001) o Kiss My Grass: A Hillbilly Tribute To Kiss ('03).

Credo però che una formula rivoluzionaria, nel caso degli Hayseed Dixie espressa al meglio in Let There Be Rockgrass ('04), rischi di tramutarsi in consuetudine a rischio di sbadigli quando viene riprodotta in serie declinando qualsivoglia sostanziale variazione sul tema. Non fa eccezione questo nuovo No Covers (sottotitolo: More Songs About Drinking, Cheating, Killing And Hell), dove Barley Scotch (chitarra, voce, violino, tamburi), "Reverend" Don Wayne Reno (banjo), "Deacon" Dal Reno (mandola) e Jake "Bakesnake" Byers (basso) avranno anche scritto i brani di proprio pugno, ma sempre declinandoli in un alternare di assalti elettrici a calor bianco e sconquassi acustici ormai del tutto prevedibile. C'è da dire che l'album comincia bene, con il rockabilly devastante di Bouncing Betty Boogie, il country in odor di Johnny Cash della tumultuosa Set Myself On Fire e il rockaccio sradaiolo di When Washington Comes Around: si tratta però di una partenza ingannevole, in cui si può magari credere di essere capitati nei pressi di un discreto album di Webb Wilder tuttavia presto risucchiato dalla banalità e dalla noia.

Certo, l'hillbilly malinconico di Trickle Down rischia persino di emozionare, ma a questo punto davvero non si capisce perché deturparlo con quagli sguaiati cori da stadio che i Dixies infilano praticamente in ogni canzone eseguita dall'inizio del decennio ad oggi. Considerato poi che le esternazioni, diciamo così, "politiche" di When Washington Comes Around e Born To Die In France suonano a dir poco risibili (volendo usare un eufemismo), che la combinazione tra glam-metal e bluegrass di You've Got Me All Wrong Baby e Frustration è ormai faccenda ampiamente convenzionale, che il classic-rock anodino di una Last Days Coming fa rimpiangere la fantasia di formazioni come Bad Livers e Split Lip Rayfield, che la filastrocca infantile di Donkeys In Morocco non strappa più nemmeno un sorriso e che la bella eloquenza country di That's It I Quit sembra quasi aver paura di mostrarsi priva di un mantello di facile iconoclastia, direi che ce n'è abbastanza per archiviare No Covers nella categoria delle occasioni sprecate. E gli Hayseed Dixie, purtroppo, alla voce di quei gruppi che troppo presto hanno barattato il fascino violento della sovversione con una routine incapace di sfoderare il benché minimo mordente.
(Gianfranco Callieri
)

www.hayseed-dixie.com
www.cookingvinyl.com


<Credits>