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Jeff
Finlin
Ballad Of A Plain Man
[Bent
Wheel 2008]
Sentiremo sempre il bisogno di trovare dei veri guerrieri del songwriting
come Jeff Finlin sulla nostra strada. Nato come batterista dei
Thieves (un solo album al loro attivo nel 1989, prodotto da Marshall Creenshaw),
ma vissuto come loser della canzone americana fin dal suo splendido esordio
del 1995 (Highway Diaries), Finlin fa parte di quella schiera di artigiani
della canzone in grado di fare sempre ottimi dischi con poco. Ballad
Of A Plain Man è un lavoro programmatico fin dal titolo, soprattutto
per quei laconici versi che chiudono la title-track: "C'è solo una vera
storia qui che viene da ogni stanca lacrima del poeta, questa ballata
dell'uomo semplice". Come dire che persi tutti i tram dei desideri di
successo (il suo si era fermato ad un brano incluso nella colonna sonora
del film Elizabethtown), si evita di pensare in grande e ci si isola in
12 folk-songs che chiedono solo di essere apprezzate da un piccolo pubblico
di tenaci sostenitori.
Anche la produzione del disco è ancor più spartana dei suoi precedenti
capitoli, non ci sono più le chitarre di Will Kimborough e Pat Buchanan
a spargere elettricità su queste folk-songs, ma solo quella del vecchio
amico Doug Lancio, che lo segue fin dai suoi esordi. Produzione
classica quindi quella realizzata dal producer Lij negli studi
di Nashville: chitarra acustica su un canale, elettrica sull'altro, e
sopra il piano di Finlin a tessere melodie: è così che brani fatti con
disarmante semplicità come Mercy o
Highway Home riescono a essere perfetti
nel loro riflettere come uno specchio l'anima di un menestrello moderno.
Amori persi per strada (Goodbye Is Just a Freight
Train Comin'), seriali storie da fuorilegge (My
Rosy Crucifixion By the Sea), road-songs alla Highway 61 Revisited
(l'esaltante Jesus Was A Motrocyclin'Man),
non c'è niente qui che non rimandi a tradizioni già consolidate, ma Jeff
è uno di quelli in grado di far scivolare tutto liscio come l'olio, anche
quando l'originalità non è di casa.
Lo spettro di Dylan è sempre presente, volenti o nolenti sarebbe impossibile
non citarlo quando What's The Big Idea ruba
giro e melodia a What Was It You Wanted o quando si chiude un disco con
la confessione d'autore di In My Masterpiece,
ma la dannazione di essere uno dei nipotini di Mr. Zimmerman lui se la
porta dietro da sempre anche per la sua voce da naso incatramato. Sui
contenuti di Ballad Of A Plain Man siete dunque avvertiti, non staremo
certo a dirvi che una ballata pseudo-souleggiante come Now
possa rivoluzionare chissà cosa, ma che possa dare conforto ad una vostra
giornata-no rientra certamente nelle sue possibilità.
In fondo i cantastorie servono a quello, arrivano, ti raccontano una storiella
come quella di Big Love Song, e se
ne vanno senza aspettare l'applauso, mentre voi state già passando alla
storia successiva, raccontata da un altro "lonesome hobo" di passaggio.
Guai se qualcuno chiudesse quella loro strada infinita.
(Nicola Gervasini)
www.jefffinlinonline.co.uk
www.myspace.com/jefffinlin
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