inserito 14/04/2008

The Felice Brothers
The Felice Brothers
[
Team Love
  2008]



I Felice Brothers - ovvero Simone, Ian e James - e il bassista Christmas sono al secondo giro di boa in pochi mesi e confermano la sensazione di un quartetto dalla facile presa per chiunque nutra una certa passione verso l'immaginario folk più trasandato, quell'America da periferia e "strade blu" che non sembra mai conoscere flessioni in termini di fascino e poesia stracciona. L'omonimo lavoro, vero e proprio esordio per un'etichetta americana (il precedente Tonight at the Arizona raccoglieva il meglio delle loro produzioni indipendenti per l'inglese Loose) avanza sul sentiero già tracciato, seppure con una strumentazione più variegata che comprende l'uso massiccio di una sezione fiati, della fisarmonica, del pianoforte e di un pizzico di elettricità, quanto basta per rendere il suono più vivace del previsto. Quello che continua a marchiare il songwriting dei Felice Brothers è tuttavia la loro propensione al canto straziato, avventori di una forma di ballata da crepuscolo, un po' ubriaca, che sulla lunga distanza (qui superiamo abbondantemente l'ora) mette in bilico l'equilibrio del disco eppure lo salva sempre magicamente dal precipizio.

The Felice Brothers
è tuttavia un album a tratti incantevole, illuminato da almeno quattro episodi che rispolverano i vecchi luoghi comuni dell'America dei pionieri: ci sono abbastanza pistole, motel, whiskey e lacrime versate per riprendere in mano la saga di qualche vecchio honky tonk, di un folksinger abbandonato lungo la ferrovia o di una combriccola di musicisti accattoni che suonano in una malandata cantina. E guarda caso Frankie's Gun! e Take This Bread paiono proprio sbucare da una session perduta dei Basement Tapes: una banda alle spalle soffia una nostalgica melodia da New Orleans e il canto dei fratelli segue all'unisono. Greatest Show On Earth e Ruby Mae invece fanno la loro comparsa quando le luci del saloon si sono spente e i clienti cominciano a barcollare verso casa. Love Me Tenderly non sarebbe dispiaciuta al Bob Dylan dei primi anni '70 mentre Whiskey In My Whiskey è un'anticaglia hillbilly che potrebbe appartenere ad un 78 giri raccolto per puro caso dal musicologo Harry Smith. Persino qualche debito di troppo, diciamolo pure, se non fosse che i Felice Brothers dimostrano di cavarsela anche con il lato più scuro del folk (una Helen Fry che fluttua alticcia sulle note di un organo molto sixties) e soprattutto di avere la sensibilità giusta per infilare sempre la melodia memorabile (Radio Song).

Certo quando si arriva in fondo alla cantilena di Tip Your Way si resta con il dubbio, già espresso in Tonight at the Arizona, se i Felice Brothers ci siano o ci facciano, un po' compiaciuti dall'accoglienza benevola della critica e di un pubblico che li ha portati ad aprire i tour di Bright Eyes e Waterboys. Al prossimo turno stabilire se hanno spalle larghe e sufficiente ispirazione per portare oltre le intuizioni qui presenti, nel frattempo giamo appieno il loro zigzagare nella memoria dell'american music.
(Fabio Cerbone)

www.myspace.com/thefelicebrothers
www.team-love.com


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