Bonnie
"Prince" Billy
Lie
Down in the Light
[Drag
City/ Domino 2008]
Non temendo affatto
un cortocircuito artistico, dovuto alla sua più che abbondante produzione
(non sono passati che pochi mesi da Ask
Forgiveness, seguito dal live Wilding in the West), Will Oldham
in arte Bonnie Prince Billy mantiene una rotta integerrima, quella
che lo rende a tutti gli effetti un classico vivente della più
contemporanea saga musicale americana. Perché l'effetto concreto che produce
all'ascolto il nuovo capitolo della sua generosa discografia (disseminata
di progetti più o meno paralleli e sotto mentite spoglie) è quello di
un autore ormai assurto a grande depositario di una saggezza folk fuori
tempo, un songwriter che come pochi altri è riuscito a scardinare le regole
ferree di un mondo indie rock a volte un po' impermeabile e snob nei confronti
delle leggi immutabili della tradizione.
Lie Down In The Light è invece il disco più fieramente "tradizionalista"
e adamantino che Oldham abbia realizzato dai tempi del bistrattato (e
per noi invece stupefacente) Greatest
Palace Songs, operazione che rileggeva con la cristallina eleganza
di un'orchestrina country nashvilliana i suoi capolavori passati. La produzione
di Mark Nevers (Lambchop) calca oggi la mano su un simile tracciato,
smussando asperità e malinconie diffuse, creando un disco di una luminosa
seranità, pur "minacciato" dalle solite ombre che abitano le canzoni di
Bonnie Prince Billy. Confermata la compagnia del fratello Paul Oldham
e di Emmett Kelly, a cui si aggiunge per l'appunto una calca di magnifici
ospiti, Lie Down In The Light è un disco che si apre ad una religiosità
pacifica, quella che rende possibile una preghiera conclusiva dello spessore
di I'll Be Glad, corale gospel tinto
di country che riassume il viaggio intentato nei tre quarti d'ora precedenti.
Non piacerà ai puri e duri della prima ora questo mansueto capitolo della
carriera di Oldham: troppa poca oscurità, poca concesione ai clichè di
un folk torturato. Peggio per loro, perché si tratta infine del disco
più ispirato e profondo dai tempi del giustamente celebrato I See a Darkness.
È l'aura senza tempo racchiusa in You Remind
Me Of Something (The Glory Goes) e So
Everyone, duetti da lucciconi con la voce femminile di Ashley
Webber, che rende questo episodio del suo sterminato songbook un punto
di assoluta eccellenza. Come riesca ancora a muoversi con tale grazia
e fervore è solo un sintomo della raggiunta statura di classico di Bonnie
Prince Billy. Sentitelo duettare con la citata Webber nella soave You
Want That Picture e così rimandare sottilmente ad una
nobile Nashville d'altri tempi, all'epoca d'oro di coppie dei miracoli
della country music, seppure rilette con una sensibilità moderna, oppure
donare il suo cuore in un walzer docile quale For
Every Field There's A Mole (adattamento di un salmo del libro
dell'Ecclesiaste) e fomentare una "scenata" folk rock dall'aria psichedelica
nella strepitosa Where Is The Puzzle?.
Inquietudini e groppi in gola non mancano di certo, ma appaiono più addomesticati
del solito (What's Missing Is, la
stessa Lie Down In The Light,
Willow Trees Bend), o meglio sciorinati con la sicurezza
di un autore talmente maturo da concedersi a qualsiasi sfida. Ci aspettiamo
infatti che, sulle orme dell'amato maestro Johnny Cash, Bonnie Prince
Billy si metta a rileggere ogni piega del folklore americano.
(Fabio Cerbone)
www.dragcity.com
www.myspace.com/princebonniebilly
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