|
The
Baseball Project
Vol.1: Frozen Ropes and Dying
Quails
[Blue
Rose 2008]
Una passione e un amarcord sportivo che si trasformano, nelle mani di
due songwriter, nell'omaggio più curioso che il rock'n'roll abbia tributato
al baseball. Nasce infatti dalla reciproca stima artistica fra Steve
Wynn e Scott McCaughey, ma soprattutto dalla comune condivisione
di miti e leggende di questa saga tutta americana, la costruzione di una
sorta di romanzo musical-sportivo che attraversi il tempo passato, gli
eroi dell'adolescenza, le figure di culto e persino gli outsiders e i
perdenti per leggere nelle loro gesta, fra vittorie clamorose e altrettante
cadute, la trama della vita stessa, gli scherzi riservati del destino,
la gloria di un momento. The Baseball Project ha preso forma senza
tentennamenti, dopo qualche fugace incontro lo scorso anno negli studi
casalinghi di McCaughey a Portland, potardosi appresso la voglia di condividere
sensazioni, memorie, fanatismi: una settimana di ridefinizione dei testi,
di alcune idee reciproche, la naturale propensione a coinvolgere gli amici
e i compagni più vicini (Linda Pitmon dietro i tamburi, Peter
Buck dei REM a cesellare con chitarre e mandolini), mettendo in piedi
un quartetto che possiede la fragranza di una rock'n'roll band estemporanea
eppure vivacissima.
Vol.1: Frozen Ropes and Dying Quails è apparso da subito
un disco non soltanto efficacissimo nella sua struttura lirica, ma anche
effervescente nell'ordito musicale, rinfrescando quelle radici folk rock
da cui tutti i nomi coinvolti nel progetto provengono. Steve Wynn appare
infatti più disinvolto che mai, assai più elettrizzato rispetto alla sua
ultima prova solista, dando corpo al suo livido rock notturno in Gratitude
(For Curt Flood), baloccandosi con il folk rock in spagnolo
di Fernando e la sbandata country
punk di Harvey Haddix, o ancora il
terso vibrare di Long Before My Time
e la perfetta conclusione con il brontolio di feedback e distorsioni in
The Closer, ode agli specialisti del
finale di partita, giocatori dal sangue freddo chiamati a chiudere con
la zampata vincente l'intero incontro.
McCaughey (dagli Young Fresh Fellows ai Minus 5 passando per i REM, una
carriera da gregario di lusso la sua) allunga la falcata con le sue rievocazioni
sixties, quel pop imbrattatato di garage rock (The
Death of Big Ed Delahanty) che nelle mani di un chitarrista
come Peter Buck accresce ulterioremente il suo appeal, oscillando fra
la tradizione di una Satchel Paige Said
dal sapore dylaniano e quella Jackie's Lament
che sembra resuscitare Byrds e Tom Petty in un colpo solo. Era d'altronde
palese fin dalla partenza con Past Time
che The Baseball Project sarebbe stato qualcosa di più di un semplice
divertissment fine a se stesso: c'è intesa fra gli atleti in campo
ed è gioco facile ammettere che il quartetto ha messo a segno il suo personale
home run. Anche perché, nonostante vi sia la concreta possibilità che
non abbiate mai sentito parlare di Ted Williams, Curt Flood, Leroy Paige,
Willie Mays o Harvey Haddix, The Baseball Project vi apparirà comunque
un romanzo popolare a suon di rock'n'roll, fitto certamente nella sua
anedottica (tantissimi i riferimenti storici e le date presenti nei testi),
ma meno che mai cattedratico e presuntuoso nella sua esposizione.
È il contraltare della musica a rendere Vol.1: Frozen Ropes and Dying
Quails un racconto coinvolgente, da leggere e sentire tutto di un fiato:
la cura dei dettagli, la confezione cartonata con tutte le liriche e le
introduzioni personali che chiariscono con pochi tratti le scelte di Wynn
e McCaughey non fanno altro che accrescere il valore di queste cronache
dal mondo sempre un po' troppo specialistico e lontano del baseball, almeno
per la maggior parte del pubblico italiano.
(Fabio Cerbone)
www.thebaseballproject.com
www.myspace.com/thebaseballproject
|