The
Waterboys
Book
of Lightning
[W14/Universal
2007]
1/2
"Ho
imparato a farmi forza attraverso le tempeste" afferma Mike Scott
in quel desolato madrigale per sax e pianoforte intitolato Sustain,
e ascoltando Book Of Lightning, il dodicesimo lavoro dei
suoi Waterboys in 25 anni di carriera, non si può che dargli ragione.
I "ragazzi d'acqua" innamorati di John Keats e Patti Smith, di William
Butler Yeats e Bruce Springsteen, sono sempre stati una sua creatura esclusiva;
lui stesso, negli ultimi anni, ha provato diverse volte a rimescolare
le carte in seno alla formazione, ottenendo risultati forse altalenanti
ma mai al di sotto di una comunque ragguardevole media di decoro. Nondimeno,
l'intensità e la prospettiva acuminata di questo disco sembrano derivare
da un'ispirazione del tutto rigenerata, frutto tanto di un ragionato ricorso
alle atmosfere oniriche di Dream Harder (1993) e all'artiglieria pesante
di A Rock In The Weary Land ('00) - due dischi che il sottoscritto reputa
ancora assai migliori di quanto si è scritto in giro - quanto di un episodico
sfruttamento dell'intimismo del recente, sofferto Universal
Hall e dell'epica tra rock'n'roll e sventagliate folk delle
stagioni di gloria di metà anni '80. Che l'occasione sia di quelle speciali
lo si può capire leggendo il brevissimo racconto posto a introduzione
del booklet, The archivist's tale, dove una fanciulla intenzionata
a redigere un saggio sui primi anni del nuovo secolo entra in contatto
con la cosiddetta "biblioteca delle anime" ed espande la propria interiorità
sino a contenere tutta la conoscenza del mondo (ah! Se soltanto i critici
aspettassero di avere in mano il packaging definitivo, prima di parlare
dei dischi!), nonché dal modo scanzonato e soave in cui viene indicato
il ruolo comprimario di alcune familiari di vecchia data: il tastierista
Thighpaulsandra, per esempio, si occuperebbe di "psychedelic extravanganzas",
mentre il cantante Johnny Andrews si troverebbe deputato alla produzione
di "falsettos & aaahs". Sta di fatto che, complice anche il ritorno del
violino elettrico di Steve Wickham, fino ad oggi brani dello spessore
di una She Tried To Hold Me, parente prossima del più accorato
Van Morrison, li sognavamo la notte. Sullo stesso livello stazionano pure
la bellissima You In The Sky (già ascoltata, in versione più folkie,
nella doppia ristampa del capolavoro Fisherman's Blues ['88]), il sibilante
congedo semiacustico di una The Man With The Wind At His Hills
impregnata di tradizione irish e spirito blues e soprattutto la sublime
Everybody Takes A Tumble, sette minuti d'incredibile cavalcata
tra modernità e radici, tra robustezza rock'n'roll e leggerezza popolare,
tra il mistico romanticismo dello stesso Scott e l'ebbrezza tagliente
del Dylan con addosso la scimmia del blues di Memphis. "Sono qui per
questo / Per spezzarvi il cuore" ulula Mike Scott nel pezzo in questione:
stavolta c'è riuscito in pieno.
(Gianfranco Callieri)
www.mikescottwaterboys.com
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