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22/10/2007
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Dawn
Landes 1/2 Personaggio davvero curioso
Dawn Landes, bionda ed eterea newyorkese, arrivata con questo Fireproof
all'appuntamento del secondo album dopo Dawn's Music del 2005 (e all'ep
Two Three Four del 2006). Lei infatti nella vita fa l'ingegnere del suono,
ha lavorato in questa veste con Philip Glass, Joseph Arthur, Ryan Adams
e tanti altri, e dopo anni passati negli studi di registrazione a testare
i suoni degli strumenti, si è messa a produrre dischi che sicuramente
fanno tesoro di tutte queste esperienze. Voce esile a metà tra Suzanne
Vega (con cui è anche andata in tour) e Beth Orton, Fireproof è strutturato
sul suono di una band molto folkie formata da Steve Curtis al banjo,
Gary Maurer alle chitarre, Jonathan Flaugher al basso, Bob
Hoffnar alla pedal steel e Ray Rizzo alla batteria, con l'aggiunta
dei loop e delle mille diavolerie elettroniche di un altro ingegnere del
suono (Adam Lasus) e soprattutto dai tantissimi strumenti suonati
da Dawn, dai piano giocattolo (con cui si diletta nello strumentale Toy
Piano) a campane, sintetizzatori e tanti altri. La ragazza
ha imparato però a tenere a bada la sua fredda indole tecnica e si è lasciata
andare nella scrittura di tante belle canzoni soffici e intimiste, con
risultati importanti nelle sofferte Dig Me A
Hole e Tired Of This Life,
oppure nella bella ballata Twilight
(di cui è visibile il suggestivo video in bianco e nero sul suo MySpace).
Altrove si fa prendere ancora un po'la mano dalla ricerca di un suono
o di una particolare atmosfera, e in episodi come I'm
In Love With The Night (impreziosita da una bella armonica)
o Private Little Hell, ancora dà l'impressione
di dover focalizzare meglio i propri sforzi emotivi in uno stile ben definito.
Lei d'altronde si pone in quello strano limbo tra la canzone folk tradizionale
(la versione del traditional I Don't Need No
Man rimane una delle cose più godibili del disco) e l'indie
rock più visionario e sperimentale. Dualismo evidente anche dai numi tutelari
da lei citati: da una parte Willie Nelson e Linda Ronstadt, dall'altra
Beck e i mai dimenticati Neutral Milk Hotel. Per cui spazio all'amore
per i suoni acustici di You Alone
o alla ricerca della semplicità di Kids In A
Play, ma anche al dark-country alla 16 Horsepower dell'iniziale
Bodyguard o agli esperimenti di vari
nastri sovrapposti di Picture Show.
E spazio soprattutto, nella solita ghost track in coda all'ultima traccia,
ad una bellissima versione solo chitarra e voce di I
Won't Back Down di Tom Petty, quasi una dichiarazione di appartenenza
ad un certo mondo della canzone americana. Ha girato in tour con altri
fantasiosi cantautori contemporanei come Josh Ritter, Andrew Bird e recentemente
con lo svedese Jose Gonzalez: come diceva il detto, dimmi con chi vai,
e ti dirò chi sei… |