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21/11/2007 |
John
Train
Alla domanda su quale fosse stata l'urgenza di registrare un disco come Living
With War, Neil Young l'anno scorso rispose che la necessità derivava dal fatto
che nessun artista delle nuove generazioni stava facendo sentire la propria voce
di dissenso verso la guerra e l'amministrazione di Bush Jr. Ad accettare la sfida
sono stati un combo di Philadelphia, i John Train, un nome che non rappresenta
una singola persona, ma che deriva dallo pseudonimo spesso usato da Phil Ochs
per le sue collaborazioni. Mesopotamia Blues, il loro quarto album,
è infatti un concept dedicato alla guerra che gli inglesi fecero all'inizio del
1900 nell'Irak (ai tempi ancora chiamato con il suo nome storico che significa
"terra tra due fiumi"), con intenti di "liberazione e civilizzazione" (vi ricorda
qualcosa?), una storia che il cantante e autore della band Jon Houlon ha
letto dai libri di Rudyard Kipling, decisamente critici verso l'imperialismo britannico.
Il risultato è un disco che condivide la stessa rabbia dello sforzo di Neil Young,
ma stilisticamente molto più assimilabile a The Vietnam Experience di Country
Joe McDonald, che negli anni '80 si decise a colpire Reagan raccontando una storia
di vent'anni prima. Mesopotamia Blues è un mix di canzoni autografe di Houlon
e una serie di cover scelte dal miglior cantautorato di genere: Draft
Age è un brano di John Stewart, tratto dal suo disco d'esordio del
1968 Signals Through The Glass, la toccante Mama Bake
A Pie è un brano di Tom T. Hall da un disco del 1971 intitolato 100
Children, Yo Ho Ho appartiene al Terry Allen
di The Silent Majority del 1976, infine Already Gone
è una splendida invettiva antireaganiana di Butch Hancock (a cui il disco è dedicato).
Tutti pezzi da 24 carati, resi in maniera degna e rispettosa da Houlon, che dal
canto suo si dimostra autore capace anche se tutto sommato ordinario, prevedibile
nel seguire schemi tradizionali. Molti brani sono di fatto funzionali al progetto,
come ad esempio Mulloy 2006, dove Houlon immagina
la fine della storia raccontata da John Stewart in Draft Age (un giovane che si
prepara a partire per la guerra) a 28 anni di distanza, oppure le storie di guerra
di Equipement Failure, The
Kind Merchant o Leachman's Ghost.
Il brano finale Mesopotamia (1917) altro non
è che l'invettiva di Kipling messa in musica dai John Train, mentre la dolce Look
Her In The Eye affronta l'abbandono dell'amata del soldato in partenza.
Menzione particolare per l'iniziale Bring Me The Head
Of Alfredo Garcia, titolo rubato al capolavoro di Sam Peckinpah del
1974, ma storia che utilizza l'estrema violenza del plot originale per descrivere
la brutalità della guerra, indubbiamente il brano autografo meglio riuscito della
raccolta. Per il resto la bella slide guitar di Mike Brenner, chitarrista
della band nonché produttore del progetto (e anche spesso membro aggiunto dei
Marah più recenti), fa da padrona per tutto il cd, senza però raggiungere la maturità
di un suono speciale e distinguibile. Consigliato agli appassionati del songwriting
texano di marca. |