inserito
il 01/10/2007 |
Mike
Farris
Ugola d'oro, quella di Mike
Farris da Nashville, Tennessee. Corde vocali capaci di erompere nel ruggito
metallico dell'hard-rock come di stirarsi in un morbido velluto soul degno di
Donnie Hathaway. La conoscete se, al pari del sottoscritto, avete già consumato
i due album degli Screamin' Cheetah Wheelies, band sublime sebbene durata troppo
poco (cercate il loro Magnolia [1996]), dove la voce di Farris aveva appunto il
compito di assemblare tonnellate di musica nera, i riff assassini degli Skynyrds
e le derive strumentali degli Allmans. Non si può dire che Salvation In
Lights rappresenti un fulmine a ciel sereno: nel 2002 Farris aveva esordito
da solista con un Goodnight Sun altrettanto prodigo di roots & soul, anch'esso
concluso da un'eccezionale rilettura dello spiritual afroamericano Keep Your Hand
On The Plow che presagiva le mosse future dell'artista. Ma qui siamo su di un
altro pianeta. Farris dice di aver scoperto Dio dopo la bellezza di due overdosi
e dopo aver consumato uno dietro l'altro tutti i cliché della vita da rock'n'roll
star. Dice di considerare la musica alla stregua di una terapia per l'anima: un
modo per far ritorno alla "casa del Padre" (nel senso di Cristo), nel tentativo
di offrire al creatore le nude cicatrici di un peccatore in cerca di perdono.
Oltre a dir questo, Farris incide per la INO Records, un'etichetta dedita
alla promozione e al sostegno di artisti dalla dichiarata ispirazione cristiana.
Eppure vi assicuro che tra le note di Salvation In Lights non troverete né prediche
né sermoni (né, tanto meno, l'eloquio assonnato di chi tenta di convertirvi ricorrendo
a formulette opache mandate a memoria con scarso entusiasmo); anzi, mi viene da
dire che se le parrocchie, i templi buddisti o le moschee programmassero più spesso
musica di questo tenore, allora ci incontreremmo tutti i giorni in una circoscrizione
ecclesiastica allo scopo di ballare, cantare ed elevare inni al cielo con tutto
lo slancio della nostra fede rockista. Salvation In Lights è un
disco nato col precipuo intento di lodare il Signore, è vero, ma al tempo stesso
risulta pure un grandioso viaggio nella cultura musicale del sud e nei suoni di
New Orleans, Memphis e Nashville condotto attraverso una sapiente combinazione
di soul, errebì, gospel e rock'n'roll. Diviso tra brani autografi, classici blues
(penso alla stupenda rivisitazione à la Subdudes della Sister Rosetta Tharpe di
Can't No Grave Hold My Body Down) e traditionals,
l'album riesce perfettamente nel compito di esaltare lo spirito senza deprimere
la carne. Lo testimonia l'intensissima, melanconica A
Change Is Gonna Come collocata all'incirca verso la metà del cartellone:
non voglio dire valga l'originale di Sam Cooke o le riletture di Aretha Franklin
e Otis Redding, ma di sicuro non sfigura né per pathos né sotto il profilo della
performance vocale. C'è poi molto altro, a cominciare dal gospel imbottito di
funk d'una Sit Down Servant che apre le danze
come avrebbero potuto fare gli Asbury Jukes di Southside Johnny catapultati in
una chiesa, fino ad arrivare ai fiati alticci di I'm
Gonna Get There, dove lo swing di Louis Armstrong convola a giuste
nozze con il country sbuffante di Johnny Cash. In mezzo si trovano l'assolo incendiario
di una Take Me (I'll Take You There) che brucia
d'orgoglio sudista, l'orgiastica festa creola di Devil
Don't Sleep, il frenetico piano dixieland di Precious
Lord Take My Hand e una The Lonely Road per
la quale Al Green, oggi come oggi, sarebbe forse disposto a uccidere. Se poi Oh
Mary Don't You Weep e Streets Of Galilee
vi sembrano due pezzi del miglior Bill Withers non avete sbagliato disco, atmosfere
ed arrangiamenti sono proprio quelli. Certo, Salvation In Lights
è un album intento a parlare di redenzione in toni talmente mistici da correre
il rischio di provocare ripulsa di rigida osservanza secolare. Ma credetemi: regala
così tanti piaceri terreni che privarsene in ossequio a uno speculare integralismo
laico sarebbe - quello sì - un vero peccato. www.mikefarris.net |