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14/05/2007
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Kendel
Carson 1/2 Quel brizzolato gentiluomo
di Chip Taylor, oltre ad aver scritto alcune pagine immortali della
storia del rock, deve negli ultimi anni aver scovato pure un qualche misterioso
alambicco dell'eterna giovinezza. Oltre infatti ai sempre decorosi album
solisti, alla fondazione di una propria etichetta e a una mai doma attività
da talent-scout, il nostro pare aver consolidato l'abitudine ad accompagnarsi,
lui attempato sessantasettenne, ad avvenenti fanciulle di circa quarant'anni
più giovani. La "compagnia" di cui sopra - ovvio - è da intendersi in
senso strettamente artistico, e non nell'accezione peccaminosa cui avrete
subito pensato, dacché, dopo aver realizzato diversi, ottimi lavori a
quattro mani con la violinista Carrie Rodriguez, oggi lo troviamo pronto
a scommettere sul debutto solista di un'altra virtuosa dell'archetto,
la biondissima canadese Kendel Carson. Ed è un esordio, questo
Rearview Mirror Tears, capace di spazzar via ogni illazione
lasciva di cui sopra con la semplice, genuina bontà di 11 canzoni (13
nella prima tiratura in formato doppio del cd) animate da una grintosa
esuberanza country-rock, nel succedersi delle quali non sarà difficile
individuare echi di Emmylou Harris accanto all'accorata malinconia alt.country
di Kasey Chambers, la delicatezza di una Linda Ronstadt prima maniera
accanto al linguaggio crudo della più audace Dolly Parton. E a proposito
di linguaggio crudo, benedetta ragazza, c'era proprio bisogno di interdirsi
il sostegno di tutte le emittenti country della nazione con il diluvio
di metafore sessuali di I Like Trucks ("Immagino dirai che sono
proprio la ragazzina di papà / Che si diverte a giocare con i macchinoni
degli uomini / Ma non ho paura di sembrare volgare [...] / Mi piacciono
i camion - grossi camion / Mi piacciono le automobili - quelle che vanno
veloce / Mi piacciono i ragazzi - quelli che parlano sporco": quando si
dice la chiarezza...)? Sta di fatto, però, che la canzone, col suo riottoso
sbuffo honky-tonk culminante in un coro da stadio, è talmente bella che
anche ai maschietti potrebbe venir voglia di cantarla a squarciagola.
Lo stesso vale per il ritmo incalzante di Run To The Middle Of The
Mornin', In The Middle Of A Think About You o Especially
For You, tutte rifinite con chirurgica perizia dai musicisti del giro
di Taylor (dal chitarrista John Platania alle tastiere di Seath
Farber, fino al basso di Tony Mercadante e alle harmonies dello stesso
Chip) e tutte improntante a un mai scontato matrimonio tra il battito
del rock'n'roll e la ruspante sollecitudine di una sempre netta dimensione
roots, unione talvolta ingentilita da qualche gradevole melodia pop di
gran gusto. Semplicemente bellissimo, poi, lo squarcio elettroacustico
di una Ain't That A Sun di sconcertante malinconia, giocata tra
accelerazioni e sussurri, tra graffi e carezze degni di una matura Lucinda
Williams o dei Counting Crows più rootsy: forse l'episodio di maggiore
eterogeneità nel contesto altrimenti assai unitario di Rearview Mirror
Tears, ma anche l'esempio più probante, al di là del comunque provvidenziale
pigmalione di turno, delle notevoli potenzialità della ragazza. |