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09/03/2007
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David
Bromberg Dei tanti ritiri a vita privata
visti nel corso della storia del rock, quello di David Bromberg
è sicuramente uno dei più bizzarri, decisamente in linea con la poca convenzionalità
del personaggio. Dismessa nel 1980 una delle più spettacolari e divertenti
band degli anni '70 (obbligatorio avere in casa per lo meno Wanted
Dead Or Alive e How Late'll Ya Play'Till, ma qualsiasi album
peschiate non ne sarete delusi), Bromberg si è diplomato nel 1984 in "Arte
della costruzione dei violini" e da allora vive riparando strumenti musicali.
La sua carriera di musicista è continuata con sporadiche apparizioni,
qualche ingaggio da session man, qualche rara produzione, e un paio di
album tra il 1986 e il 1989, discreti anche se un po' di routine. Try
Me One More Time in un certo senso non esce a sorpresa: già nel
2003 David aveva riunito la band per una serie di concerti e il fatto
che sia un disco completamente acustico e suonato dal solo Bromberg potrebbe
essere un po' una delusione per chi si aspettava un come-back a tutti
gli effetti. Ma Bromberg è fatto così, fin dai suoi esordi non è mai apparso
interessato alle luci della ribalta; era uno studioso della tradizione
americana al pari di Ry Cooder, ma la sua vena ironica, quasi comica,
ha fatto sì che forse non sia stato mai preso troppo sul serio dal grande
pubblico, e di certo lui non si è mai dannato l'anima per seguirne i gusti.
Avrebbe potuto campare facendo colonne sonore come gli amici Ry e Randy
Newman, ma questo cd dimostra che nella sua mente c'è sempre e solo questa
musica. L'album si sviluppa attraverso 15 traditionals americani più o
meno noti, a cui si aggiunge la title-track, unico brano autografo della
raccolta. Eppure, nonostante sia un disco sulla carta avaro di sorprese,
Try Me One More Time è un opera di grandissimo valore, sia
per le esecuzioni (Bromberg è un chitarrista di ottimo livello oltre che
un brillante interprete, nonostante le limitate doti vocali), sia per
la scelta del materiale. Alcuni brani sono arcinoti , come la Kind
Hearted Woman di Robert Johnson o la Trying To Get Home del
Reverendo Gary Davis, fino all'unico pezzo non strettamente "traditional"
della raccolta, una stupenda versione di It Takes a Lot to Laugh, It
Takes a Train to Cry di Dylan (che per ora è solo un classico, ma
prima o poi diventerà un "traditional"…). Altri invece sono l'ennesimo
buon risultato delle sue continue ricerche negli archivi storici americani,
tra mountain songs, blues, canzoni dei mormoni, tutto materiale che potrebbe
mancare nei nostri archivi. Fate pure uno spazio nella vostra collezione
di cd, magari tra Blue Country Heart di Jorma Kaukonen e quelli del duo
Grisman-Garcia (se non li avete siete pregati di contattare il vostro
rivenditore di fiducia con una certa urgenza…). Pur non spostando di una
virgola la storia della musica del genere, quel posto David se lo merita
ampiamente. |