The
Brandos
Over
the Border
[Blue
Rose 2006]
L'ironico
paradosso della storia dei Brandos è che tutto il mondo conosce
la musica di Seattle, tutta Seattle conosce bene la musica dei Brandos,
ma il mondo non conosce la musica dei Brandos. Il sillogismo non quadra,
ma se chiedete al primo Chris Cornell o Mark Lanegan che vi capita a tiro
se li conosce, vi dirà che per i musicisti della loro generazione il leader
Dave Kincaid era un mito, anche solo perché nel 1983 vinse una
gara indetta da MTV con una band chiamata The Allies e fu il primo artista
in città a vedere un proprio video sulla storica emittente. Quando nel
1985 Kincaid, forte di quella fama locale, fondò i Brandos, tutti scommettevano
sul loro futuro, ma in città il vento cambiò e il sound della band, anello
di congiunzione tra i Creedence Clearwater Revival e i Thin White Rope
di Sack Full Of Silver, uscì fuori moda prima ancora di diventarlo. Nel
1990 il secondo album della band fu rifiutato dalla RCA e rimase nei magazzini,
così dal 1992 diventarono probabilmente una delle poche band di Seattle
a non avere un contratto con una major. Sciolta nel 1997 dopo altri quattro
album e un grezzissimo live, con produzioni indie sanguigne e di valore
come The Light Of Day del 1994 (un notevole quasi-concept sulla vita dei
fuorilegge,sicuramente il migliore del lotto), Kincaid ha vivacchiato
reinventandosi una carriera nel mondo dell'irish-folk tradizionale, con
anche l'onore di aprire concerti per Van Morrison. Oggi un po' a sorpresa
riesuma il vecchio nome e i vecchi compagni (ma manca Scott Kempner, l'ex
Del Lords che si unì alla band tra il 94 e il 96) per un come-back convinto
ed energico come ai tempi d'oro. Gli anni lo hanno reso produttore più
capace, in quanto Over the Border ha un suono molto più
brillante delle cupe sonorità di dieci anni fa, ma per quel che riguarda
il materiale invece che ripartire da zero con nuove idee, Kincaid ha voluto
probabilmente fare un riassunto delle puntate precedenti condensando in
dieci canzoni tutto il suo mondo e la sua carriera. C'è il passato con
una devastatane versione di Trial By Fire, che era la title-track
dell'album fantasma del 1990, c'è la solita imitazione di Fogerty in Walking
Home, c'è l'amore per l'hard rock anni settanta con The Only Love
I Can Get (che guarda caso vede l'ex Free e Bad Company Simon Kirke
alla batteria…), non manca il traditional irlandese di The New York
Volunteer (in cui è aiutato da Jerry O'Sullivan, un grande
del genere), si omaggia il rock acido con una veloce versione di Dino's
Song dei Quicksilver Messenger Service, per finire con l'amore delle
storie di confine in chiave tex-mex di Over The Border. Chiude
il tutto una bella versione di Guantanamera, riprodotta nella rigorosa
lezione di Pete Seeger, e il piatto è completo. Poco da dire sugli altri
bocconi, tutti a confermare tanta voglia di tornare sulla breccia ma poche
nuove idee per farlo. Resta la passione e un disco comunque divertente,
e non è neanche poco in fondo per una band che avevamo anche un po' sepolto
nella memoria.
(Nicola Gervasini)
www.brandos.nl
www.bluerose-records.com
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