Jenny Lewis & The Watson Twins - Rabbit Fur Coat Rough Trade 2005 1/2
inserito il 01/02/2006
Nei ritagli di tempo, tra un tour e un disco con la sua principale occupazione, quella di voce e leader dei Rilo Kiley, Jenny Lewis ha coltivato il sogno di un un esordio solista, incidendo le prime bozze a San Francisco con l'amico Mike Mogis, quindi volando a Portland per rifinire il prodotto con le chitarre di M Ward. Un passo a cui non aveva minimamente pensato, secondo sua stessa ammissione, fino a quando due anni fa non è stata convinta dalle insistenze di Conor Oberst dei Bright Eyes (che per i Rilo Kiley ha sempre avuto un debole, pubblicando il loro secondo disco e portandoseli in giro come opening act). Nel cercare un sostegno per la relativa inesperienza del songwriting della Lewis, le note di presentazione citano il white soul di Dusty Springfield e Laura Nyro, il pop di Petula Clark e le icone country Loretta Lynn e Patsy Cline. Jenny Lewis avrà le vertigini e non merita accostamenti che non hanno senso, specialmente se riletti attraverso la lente di una carriera più vicina all'universo indie rock americano. Viene in mente allora, nel tracciare le linee guida di Rabbit Fur Coat, la collega Neko Case: come quest'ultima si divide tra il country rock suggestivo e nero dei suoi lavori solisti e il pop brillante dei New Pornographers, così il disco della Lewis riesce a scrollarsi di dosso il suono rotondo e più orientato al pop rock dei Rilo Kiley per immergersi in ballate tenui e dal tessuto elettro-acustico, dove la scorza di radici e temi religoso-intimisti si addolcisce grazie non solo alla limpida vocalità della stessa Lewis, ma anche al supporto del celestiale coro delle Watson Twins. Si tratta di due ragazze del Kentucky che dividono i meriti di copertina garantendo un tappeto agrodolce, a cominciare dal breve schizzo di Run Devil Run. È la successiva Big Gun, deliziosa e vivace filastrocca folk, a precisare meglio i contorni del disco, fresco e senza pretese, con luccicanti arrangiamenti elettro-acustici che alternano momenti più "tradizionalisti" e fughe pop accattivanti. E pazienza se le liriche di Jenny Lewis non sembrano proprio un capolavoro di bella scrittura. Convenzionale eppure a tratti irresistibile, Rabbit Fur Coat conquista per la semplicità disarmante di The Charging Sky, una slide guitar ed un coretto gioioso, per le fragili Melt Your Heart e It Wasn't Me, per una You Are What You Love sospesa tra le grazie delle voci delle Watson Twins. Rise Up With Fists schiarisce infine la matrice roots che sta alla base di brani quali Happy e la stessa Rabbit Fur Coat aprendosi ad una apoteosi melodica, che si tocca con mano nella cover di Handle With Care (stava sul primo episodio dei Traveling Wylburys), chicca vera e propria cantata a più voci con la partecipazione di M Ward, Ben Gibbard (Death Cab for Cutie) e Conor Oberst (Bright Eyes). Ringraziamo proprio quest'ultimo se ci ritroviamo tra le mani Rabbit Fur Coat, ennesimo esempio di quel scintillante revival folk rock con strascichi southern country, che va ad aggiungersi alle numerose pretendenti del panorama indipendente americano
(Fabio Cerbone)

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