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24/04/2006
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Jackie
Greene Sweet
Somewhere Bound ci aveva fatto candidare Jackie Greene,
giovane musicista californiano, a "promessa" del difficile mondo del rock
d'autore. Al tempo, la Dig Music non disponeva di mezzi importanti né
per assistere adeguatamente il lavoro di Jackie, tanto meno per promuoverne
il disco che, difatti, giunse sulla nostra scrivania direttamente dall'Olanda.
Oggi il Californiano ha cambiato famiglia ed incide per la Verve Forecast
(ambito major): lavorando sotto l'ala protettrice del noto Steve Berlin,
da quasi trent'anni habitué degli studi di Los Angeles, è grazie a quest'ultimo
che Jackie approda oggi al nuovo American Myth. Come per
l'album precedente, il ragazzo lavora su due fronti: dimostra così di
avere ottime credenziali sia come cantautore acustico (nonostante i suoi
ventisei anni), sia nel ruolo di rocker dall'impostazione vocale piuttosto
accattivante. Il lavoro di Steve Berlin è appunto improntato a far emergere
questa doppia personalità: il produttore si prodiga infatti nell'arricchire
di suoni i pezzi più decisi (spesso oltremisura), lasciando invece "au
naturel" quelli acustici tendenti alla ballata. American Myth si apre
con un intro acustico da bluesman disturbato dalle zanzare del delta,
per lasciare subito spazio ad Hollywood, pezzo elettrico dall'andatura
sinuosa, caricato di organo, tromba jazz e percussioni. Poi è il momento
di So Hard To Find My Way, parentesi pop dall'andamento facile
e un po' Beatles, con tanto di fiati; seguono a turno Just As Well,
ballata acustica con tamburello, fisarmonica e pedal-steel, e Cold Black
Devil, voodoo song dal suono sgradevole e arrangiato pesantemente. La
parte di American Myth che preferisco comincia proprio da qui, dalla conclusione
di Cold Black Devil e da Never Satisfied, sesta traccia.
Quest'ultima, canzone acustica e romantica, apre un filone di ballate
tutte di spessore, fra le quali spiccano Love Song 2:00 Am e When
You're Walking Away (straordinaria per la sua struttura semplice e
la calda coralità che restituisce). I'm So Gone è invece un rock-blues
discreto, una parentesi soltanto, perché seguita da un'altra ballata dalle
tinte stavolta soul: Close To You. I'll Let You In rievoca
assonanze con Bob Dylan, mentre Farewell, So Long Goodbye è un
pezzo elettrico che guarda più che mai in direzione Rolling Stones (malgrado
lo sviante arrangiamento dei fiati). A chiudere American Myth sono altri
due estratti di spessore: Supersede, ballata elettroacustica in
stile Americana, con Desolation Row nelle corde e Dylan nella voce; Marigold
si avvia in sordina come brano acustico, per poi arricchirsi con culmini
vibranti di elettrica. Jackie Greene possiede tutte le qualità essenziali
per essere un grande artista. Il lavoro prestato da Steve Berlin in Hollywood,
So Hard To Find My Way e Cold Black Devil è pessimo, ma il resto di American
Myth è prossimo al capolavoro. |