|
|
inserito
09/09/2005
|
|
Nelle note interne del cd Stuart Coupe lancia un interessante parallelo
tra le lontane terre di Brisbane, Australia e Tucson, Arizona: clima arido
e caldo, città collocate nel bel mezzo del nulla e la gente che va a zonzo
in cerca di...visioni, scacciando i propri fantasmi. I musicisti di questi
luoghi sembrano possedere tratti comuni, una predilezione per canzoni
oscure che riflettono "il suono della desolazione", un deserto musicale
che intreccia il country più scontroso con lo stridore di una chitrarra
elettrica. Gi Halfway sono un ricco esemble di Brisbane che non
assomiglia per nulla ai Calexico, mai e poi mai ai maestri Giant Sand,
e qui la descrizione precedente può in qualche modo sviare, quanto piuttosto
un coriaceo esempio di fedeltà alternative country che potrebbe sbucare
dalla provincia americana. In questo riflettono esattamente quel senso
di isolamento e spazi infiniti che solo certa tradizione a stelle strisce
sembra cogliere alla perfezione, tra le pieghe di un roots rock galoppante,
testardo, fuori moda. Farewell to the Fainthearted è un
veloce riassunto del genere all'apice della sua esplosione, o se volete
una versione meno incantata, un buon ripasso di tutti i luoghi comuni
del genere. Ancora più spiazzante conoscendo la provenienza dei sette
musicisti, tutti bene assortiti, tra cui due autori e cantanti, Chris
Dale (anche chitarre e armonica) e John Busby (chitarre), ed
una coppia di fratelli di origini irlandesi che aggiungono note rurali
(Noel Fitzpatrick alla pedal steel dobro e mandolino, Liam
al banjo). Uscito indipendente lo scorso anno per il solo mercato locale,
con la produzione di Wayne Connolly, oggi la Laughing Outlaw ne riprende
la distribuzione a livello internazionale, regalando un tuffo nostalgico,
risalendo agli esordi di Wilco e Son Volt, nonché ovviamente al Neil Young
più campagnolo e agli Stones versione "cowboy straccioni" dei
primi anni settanta. Ricordano vagamente quei magici momenti le arrembanti
chitarre rootsy di Patience Back e Drunk Again e il loro
impolverarsi con il suono del banjo e dell'armonica, il sobbalzare cow-punk
di Sure Uncertain, così come la malinconia di Get Gone sembra
uscire dai primi acerbi Whiskeytown di Faithless Street. Pregevole davvero
la coralità country di Compromise for a Country Girl, struggente
ballata che si rivelerà infine la specialità della casa (Miles & Miles,
Something for Yourself, Call Anytime), con una evidente
tendenza a certi schematismi che resta forse l'unico anello debole all'interno
di un esordio tutto sommato assai affascinante. In gran parte già scritto
evidentemente, ma qui suonato con una giovanile freschezza che si risolve
nella ghost track finale, una struggente cover dell'immortale Willing
di Lowell George (Little Feat) |