Split Lip Rayfield
Never Make It Home
Bloodshot
2001




Da qualche tempo a questa parte si registra con piacere la ripresa di un certo interesse intorno alla musica bluegrass ed old time in generale, che vanta oggi una lunga serie di manifestazioni sparse sul suolo americano (tra le più famose immortalate su cd ricordiamo il festival di Tellirude). Una buona dose di merito per questa rinascita va riconosciuta sicuramente a quelle giovani band di estrazione provinciale che, posizionandosi a metà strada fra passato e presente, hanno saputo donare nuova linfa al genere. Legati immancabilmente con l'ambiente alternative-country, non fosse altro per il fatto di incidere per la Bloodshot, gli Split Lip Rayfield sono un vibrante quartetto (Kirk Rundstrom, chitarra e voce, e Wayne Gottstine, mandolino, armonica e voce, i due autori principali) del Kansas che si gioca subito tutte le proprie carte musicali: Never Make It Home piacerà tanto a chi ha ancora voglia di sentire dell'ottima old time music, dove influenze bluegrass, hillbilly, swing, improvvisazione ed energia vanno di pari passo, dando vita ad una proposta divertente, fresca e molto diretta. Caratteristica essenziale del gruppo resta infatti quella di unire ad una tecnica strumentale di prima categoria un'attitudine mai troppo ricercata e pedante. Quando imboccano questa soluzione, gli Split Lip Rayfield riescono realmente a strappare applausi, perché al centro della loro musica staziona la canzone nella sua pienezza. Così avviene nella parte iniziale del disco, con la mossa Movin' To Virginia, i cambi di tempo di Record Shop, la spassosa marcetta della title-track. In altre occasioni la tensione cala un poco, affiora stanchezza nella composizione e tutto si riduce ad un puro esercizio di stile e velocità (PB24SS, Kiss Of Death, River), una sorta di bluegrass-punk acustico, se riuscite a farmi passare la definizione, che rischia di tediare. Rigorosamente acustico, suonato e cantato con grande passione (le voci sono tra i loro punti di forza), Never Make It Home è un ulteriore dimostrazione della vitalità della scena roots alternativa.

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