Ron Sexmith
Blue Boy
Cooking Vinyl
2001

1/2
 

Inutile negare che la produzione a firma Steve Earle, e l'apporto del suo fedele scudiero Ray Kennedy, abbia attirato parecchio le nostre attenzioni sul nuovo, il quarto, lavoro di Ron Sexsmith, songwriter tra i più sensibili e raffinati dell'ultima generazione. Un cambio di rotta significativo quello operato da Sexmith, che aveva legato in maniera quasi indissolubile il suo nome a quello del team produttivo Mitchell Froom-Tchad Blake (Los Lobos, Richard Thompson e tanti altri): il sound creato nei suoi precedenti sforzi solistici era indubbiamente molto caratterizzante e rischiava di lasciare l'artista invischiato in una cifra stilistica sempre uguale a se stessa. Blue Boy è dunque una ventata d'aria fresca, in un songbook comunque di tutto riguardo, che si è guadagnato sul campo il rispetto e l'apprezzamento di molti colleghi più blasonati, tra cui Elvis Costello e John Hiatt. Cosa è riuscito a tirare fuori dal cilindro il buon Steve Earle? Nulla di rivoluzionario: semplicemente Blue Boy suona come il disco più diretto, spigliato e rock di Sexmith, senza tuttavia rinunciare a quella sua morbida eleganza pop che lo ha sempre contraddistinto. Ciò che colpisce nel segno sono l'estrema scorrevolezza e la delicata veste pop-rock di queste quattordici canzoni di classe superiore. E' nel loro insieme al tempo stesso fragile e maturo, nell'impeccabile cesellatura di suoni, rimandi, esperienza che riescono a coinvolgere le melodie di This Song, splendido singolo d'apertura con tanto di sezione fiati a sostegno, Cheap hotel e Don't ask why, punti d'incontro con il linguaggio rock di Petty e dello stesso Earle. Foolproof si abbandona a languide e notturne atmosfere jazzy, spezzando la compatezza dei primi tre brani ed aprendo la strada ad un caleidoscopio di sonorità pop intelligenti, quasi ci trovassimo di fronte ad un allievo (e visti i tempi, forse superiore al maestro) del migliore Costello (Just my heart talkin', Miracle in itself) e, va da sè, di un certo Paul McCartney (Keep it in mind). Thirsty love e le ritmiche reggea di Never been home sono quello che ci vuole per aprirvi il cuore in questa bollente estate, mentre Not too dig azzarda addirittura movenze funky e un pizzico di sensualità, inedita per l'autore. Concedete un poco di tempo a queste canzoni e vedrete che farete fatica a staccarvene.


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