Carla Olson
The Ring of Truth
Evangeline
2001



Settantadue minuti di sventagliate rock fuori dal tempo, una band stellare alle spalle al servizio di canzoni che mostrano tutto il peso ed il fascino di una lunga storia che continua ad affascinarci. The Ring of Truth possiede tutta la forza e lo spessore di quei piccoli classici, che spesso riempiono di gioia gli appassionati più di tanti capolavori riconosciuti. Un disco oserei dire monumentale, che se ne infischia delle regole del buisness, tanto è infarcito di rutilanti riff rock'n'roll e di canzoni dalla durata improponibile (mediamente sui cinque minuti ed in un paio di casi tra i nove e i dodici...), ma soprattutto intriso di una viscerale passione rock, che è assai raro cogliere negli ultimi tempi. Mi rendo conto che molti si staranno chiedendo se tutto questo sia un'esagerazione o un tardivo colpo di sole del recensore: il fatto è che Carla Olson, affascinante singer-songwriter californiana, non è una sprovveduta, è in giro da parecchio tempo (da metà degli anni '80 con le Textones, poi solista) ed ha acquisito la giusta esperienza per maturare un simile gioiello quale è effettivamente il disco in questione. Lei canta con voce stentorea, calda e passionale, ma resta innegabile che il grande fascino di The Ring of Truth risiede tutto nel furore elettrico della band chiamata a raccolta. Spiccano mestieranti di lungo corso e tutto si spiega: le strepitose chitarre di Mick Taylor (ex Rolling Stones, mai così in forma da anni) e Brian Brown, organo e piano di Barry Goldberg (altra leggenda vivente del rock-blues) e in un brano ospite John Sebastian all'armonica (l'ottima cover della dylaniana Can you please crawl out your window?). Il risultato è da tastare con mano: l'essenza rock degli Stones, la compattezza di una E-street band in formato ridotto, la libertà di lasciare la band a briglie sciolte per assoli chilometrici che riallacciano l'essenza di The Ring of Truth alla gioventù del rock'n'roll, quando si pensava meno al contorno e più alla sostanza. Uno, due e si è già dentro la festa, senza respiro con l'incedere di Loserville, il drive classico di Never fade away e Sweeter, l'epica stradaiola alla John Mellencamp di The low way e Wave of the hand, la cavalcata lisergica degna di un Neil Young di Great big hole e alcune ballate che possiededono un innegabile sapore seventies, come la stessa Ring of truth o gli interminabili dodici minuti finali di Winter, cover degli Stones da Goat's Head Soup, con un Mick Taylor in versione deluxe. Innocente potere del rock'n'roll più semplice ed intramontabile.


www.carlaolson.com