Amy Ray
Stag
Daemon records 2001



Amy Ray
è la metà del duo Indigo Girls (con Emily Saliers), gruppo che ha fatto dell'impegno sociale e dell'onestà una bandiera mai ammainata, sia nei loro lavori più prettamente folk, sia in quelli a carattere più rock (Come On Now Social), atteggiamento che ha permesso a queste talentuose musiciste della Georgia di diventare, almeno negli States, una specie di istituzione, esempio di integrità che ha concesso loro di lavorare con il fior fiore dei musicisti e produttori della scena alternativa (Scott Litt, John Keane, Michael Stipe tra i tanti). E' con il massimo rispetto dunque che mi accingo a parlare di Stag, primo disco solista di Amy Ray: delle due è sempre stata quella con più rock nelle vene e questo lavoro non fa altro che confermarlo. Elettrico e rabbioso, pieno di ospiti in prevalenza femminili, da Kaia Wilson a Kelly Hogan fino alla mitica Joan Jett, il disco è come sempre schietto e fuori dagli schemi, seppure molto lontano dai lavori con le Indigo Girls. Al primo ascolto potrebbe apparire acerbo, ma brani come l'elettrica e sofferta Laramie, una volta che sono riusciti a far breccia, difficilmente lasciano insensibili. Lucystoners, pur nella sua totale semplicità, ha il senso del ritmo: se si ha classe ci vuole poco per scrivere canzoni come questa, oppure Late Bloom e Mints of glory, per finire alle sonorità cupe e drammatiche di Measure of Me. L'unica pecca potrebbero essere i soli 35 minuti di durata: è anche vero però che sono 35 minuti di un personaggio per cui i compromessi non esistono, non solo con l'industria discografica ma anche con se stessa. Sappiate sin da ora con chi aveta a che fare.
(Ruggero Marinello)

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